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Sentenze Scuola

 

 

 

 

La “carta docente” costituisce un beneficio economico attribuito al personale docente, ivi inclusi gli appartenenti al ruolo degli educatori – Corte di Cassazione – Lavoro – Sentenza 31/10/2022 n° 32104

Massima:

La “carta docente” dell’importo di 500 euro annui è attribuita al personale docente nel cui ambito può ben dirsi rientrare quello educativo, ad esso assimilato sul piano funzionale dall’art. 395 d.lgs. 297/1994. Invero, il personale educativo, seppur impegnato in funzione differente rispetto a quella propriamente didattica e di istruzione, tipica del personale docente, nondimeno ne partecipa i contenuti sul piano della formazione e istruzione degli allievi, convittori e semiconvittori, di qui l’espressa collocazione all’interno dell’area professionale del personale docente. Inoltre, l’art. 129 del CCNL 2016-2018 comparto scuola pone anche a carico del personale educativo un preciso obbligo formativo, con assimilazione in parte qua al personale docente. Pertanto, tenuto conto del quadro normativo di riferimento e della ratio dell’introduzione del bonus in parola, non si spiegherebbe una differenziazione di trattamento posto che entrambe le figure professionali sono soggette a precisi oneri formativi, tanto da giustificare l’introduzione di un sostegno datoriale in correlazione all’esborso economico per le spese di aggiornamento e di studio. Ad ulteriore conferma della equiparazione di cui sopra è l’art. 398 d.lgs. 297/1994 che specifica chiaramente che al personale educativo si applicano le disposizioni concernenti lo stato giuridico ed il trattamento economico dei docenti elementari, operando quindi una equiparazione a tali fini fra le due categorie per la complementarietà delle funzioni.

 

Quali sono le condotte che giustificano il licenziamento disciplinare del dipendente? – Corte di Cassazione – Lavoro – Sentenza 14/09/2022 n° 27132

Massima:

In tema di pubblico impiego contrattualizzato, ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la conclusione del procedimento disciplinare dall’acquisizione della notizia dell’infrazione (ex D.Lgs. n. 165 del 2001 art. 55-bis, comma 4), in conformità con il principio del giusto procedimento, come inteso dalla Corte Cost. (sentenza n. 310 del 5 novembre 2010), assume rilievo esclusivamente il momento in cui tale acquisizione, da parte dell’ufficio competente regolarmente investito del procedimento riguardi una “notizia di infrazione” di contenuto tale da consentire allo stesso di dare, in modo corretto, l’avvio al procedimento disciplinare, nelle sue tre fasi fondamentali della contestazione dell’addebito, dell’istruttoria e dell’adozione della sanzione; ciò vale anche nell’ipotesi in cui il protrarsi nel tempo di singole mancanze, pur da sole disciplinarmente rilevanti, integri una autonoma e più grave infrazione.
In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione di proporzionalità della sanzione è insufficiente un’indagine che si limiti a verificare se il fatto addebitato è riconducibile alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l’irrogazione del licenziamento, essendo sempre necessario valutare in concreto se il comportamento tenuto, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, con particolare attenzione alla condotta del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti e a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza.
Ciò considerando che non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva ai fini dell’apprezzamento della giusta causa di recesso, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice, purché vengano valorizzati elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, coerenti con la scala valoriale del contratto collettivo, oltre che con i principi radicati nella coscienza sociale, idonei a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario.
L’accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono demandati all’apprezzamento del giudice di merito, che – anche qualora riscontri l’astratta corrispondenza dell’infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente – è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità.

(Nel caso di specie la Cassazione ha confermato il licenziamento irrogato per avere il lavoratore posto in essere condotte dolose in danno dell’Amministrazione di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro ed in particolare per essersi appropriato di denaro appartenente all’Amministrazione per un importo complessivo pari a Euro 197.952,05. L’appropriazione serialmente perpetrata nel corso degli anni di risorse pubbliche ha costituito una condotta idonea a ledere il vincolo fiduciario, e in relazione a ciò è stata dedotto l’irrilevanza delle ragioni addotte dal lavoratore, in particolare: la mancanza di precedenti disciplinari, atteso che i fatti attestavano che solo in quanto aveva occultato l’agire illecito non era incorso in precedenti sanzioni; l’esistenza di gravi patologie necessitanti cure mediche, in quanto quest’ultime non potevano costituire esimente dell’illiceità penale e disciplinare; la restituzione della somma, in quanto la stessa non faceva venir meno la cesura del vincolo fiduciario).

 

Va motivata l’attribuzione della lode e non anche il suo mancato riconoscimento, fermo restanto che la valutazione dell’organo esaminatore è connotata da discrezionalità tecnica non sindacabile dal GA se non per manifesta ilogicità, difetto di istruttoria o travisamento dei fatti – T.A.R. EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA – Sezione Prima – Sentenza 02/08/2022 n° 630
 

Massima:

Il giudizio espresso dagli organi scolastici è espressione di discrezionalità tecnica, che il g.a. può sindacare solo per ciò che concerne i profili di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e di travisamento dei fatti; rimangono, invece, insindacabili nel merito le valutazioni della capacità di apprendimento e delle competenze acquisite dagli studenti che sono affidate in via esclusiva al personale docente della scuola, così come l’apprezzamento effettuato sulla base di conoscenze tecnico – scientifiche e il giudizio di valore che caratterizza l’attività didattica. Il g.a. è, dunque, istituzionalmente sfornito del potere di sindacare le valutazioni tecnico discrezionali relative all’apprendimento dell’alunno, le quali sono operate dall’autorità amministrativa sulla base di precise cognizioni tecnico – scientifiche e in forza di un giudizio qualitativo di valore che va ad informare di sé l’attività didattica, che non è utilmente replicabile in sede giudiziaria. Ciò premesso l’assegnazione della lode deve essere assunta all’unanimità, è ristretta agli studenti che abbiano conseguito un punteggio elevato e con una carriera scolastica eccellente e l’onere motivazionale è previsto per legge laddove l’organo esaminatore si determini ad attribuire al candidato la nota di merito e non anche nel caso contrario. Nel caso di specie, la ricorrente ha riportato nell’anno scolastico 2019/20 la votazione di 10/10 in tutte le materie, ma, pur presentando un percorso scolastico eccellente, nel precedente anno scolastico ha avuto 7/10 in educazione fisica e 9/10 in lingua. Né la decisione dell’organo collegiale può dirsi viziata in punto di motivazione: il giudizio collegiale risulta, infatti, motivato per relationem mediante richiamo al voto contrario espresso dai singoli docenti e sulla base di un percorso argomentativo non manifestamente illogico e come tale non sindacabile dal g.a..

(Fattispecie nella quale un’alunna impugnava la valutazione finale di 10/10 assegnatale dal Consiglio di classe in sede di esame finale di scuola secondaria di primo grado nella parte in cui non le attribuiva la lode. A seguito di accoglimento dell’istanza cautelare, l’istituto scolastico intimato ha ottemperato all’ordinanza del G.A. rinnovando il giudizio e ribadendo la non attribuzione della lode all’esito di un giudizio collegiale con 15 voti contrari, decisione ritenuta dal TAR non sindacabile nel merito e comunque logicamente motivata.)

 
 
 
Monetizzazione delle ferie non godute: quando spetta al personale docente  – Tribunale BOLOGNA – Lavoro – Sentenza 03/03/2022 n° 127
 
Massima:
 

Il quadro normativo introdotto dal DL 95/2012 e dalla L. 228/2012 si sostanzia nella previsione di un obbligo per il personale docente di usufruire delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni, nell’ambito di un più generale principio di divieto di monetizzazione delle ferie.
In tale contesto, il periodo che va dalla fine delle lezioni alla scadenza del contratto è uno dei periodi dell’anno in cui i docenti, che non siano impegnati in attività di scrutinio o comunque di istituto, possono fruire delle ferie, e nel caso dei docenti con contratto a tempo determinato con scadenza al 30 giugno, è uno dei periodi che rileva per il conteggio delle ferie automatiche.
In ogni caso, il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha soltanto l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l’espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell’indennità suddetta, mentre incombe al datore di lavoro l’onere di fornire la prova del relativo pagamento.

(Nel caso di specie il Tribunale ha rigettato la domanda di pagamento delle ferie non godute in quanto la ricorrente non ha provato né si è offerta di provare di aver effettivamente prestato attività lavorativa nei giorni -non richiesti come giorni di ferie – intercorrenti tra il termine delle lezioni e la scadenza dei contratti ).

 
 
La sanzione disciplinare ex art. 55 quater D.Lgs. n. 165/2001 prevale sulla disciplina più favorevole contenuta nel CCNL – Corte di Cassazione – Sezione Sesta – Ordinanza 02/08/2022 n° 23908
 
 
Massima:
 
Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2009, prevede, alla lett. b) la sanzione disciplinare del licenziamento in caso di “assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio….” e l’art. 55 definisce la disposizione in parola norma imperativa, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419 c.c..
Quindi, per gli addebiti riconducibili alle fattispecie tipizzate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater non può essere utilmente invocata la diversa e più favorevole disciplina contrattuale giacché, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2009, quest’ultima è stata sostituita di diritto, ai sensi degli artt. 1339 e 1419 c.c., dalla normativa di legge, che sulla stessa prevale D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 55, comma 1.
Ad ogni modo, in ragione del divieto di automatismi espulsivi di rilevanza costituzionale, il datore di lavoro, prima, ed il giudice, poi, non sono esonerati dall’esprimere il giudizio di proporzionalità che, però, a fronte della previsione legale della sanzione espulsiva, va condotto tenendo solo conto degli artt. 2119 e 2106 c.c. e apprezzando la condotta nei suoi aspetti oggettivi e soggettivi; in sostanza detto giudizio non può essere condotto apprezzando le disposizioni della contrattazione collettiva sostituite di diritto dalla previsione legale e possono assumere rilievo solo i criteri di carattere generale posti a fondamento della scala valoriale indicata dalle parti collettive.

( Nel caso di specie la Cassazione ha confermato la legittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per mesi sei irrogata ad una maestra comunale che non aveva ripreso servizio dopo la fruizione di un periodo di ferie ed aveva violato l’ordine di servizio con il quale il Dirigente aveva disposto che il personale operante negli asili nido dovesse occuparsi nel periodo 22 agosto/1 settembre dei lavori di pulizia e di riorganizzazione degli ambienti necessari per consentire la ripresa dell’attività prevista per il 4 settembre.
Per quanto concerne la responsabilità disciplinare del personale docente statale si ricorda che, ai sensi dell’art. 29 comma 3 del CCNL 2018, nelle more della sessione negoziale di cui al comma 1, rimane fermo quanto stabilito dal Capo IV Disciplina, Sezione I Sanzioni Disciplinari del d.lgs. n. 297 del 1994, con alcune modificazioni ed integrazioni all’articolo 498 comma 1 disposte dallo stesso art. 29).

 

La valutazione degli studenti è esercizio di discrezionalità tecnica della scuola e la bocciatura è legittima a fronte delle numerose insufficienze riportate – Consiglio di Stato – Sezione Settima – Sentenza 21/09/2022 n° 8133

Massima:

Il giudizio di non ammissione alla classe superiore costituisce esercizio della discrezionalità tecnica del corpo docente, come tale non sindacabile dal giudice amministrativo, se non per vizi di manifesta illogicità, irragionevolezza ed errore sui presupposti di fatto, rilevabili ictu oculi. Nel caso di specie il giudizio finale del Consiglio di Classe è stato determinato dalla constatazione obiettiva della scarsa preparazione dell’alunna, attese le numerose insufficienze riportate nel corso dell’anno scolastico, e le votazioni finali attribuite alla studentessa corrispondono alla media dalla stessa riportata nelle varie prove. La scuola ha inoltre pienamente assolto al proprio obbligo informativo nei confronti della famiglia dell’alunna, avendo più volte chiamato i genitori a conferire con i docenti e la coordinatrice di classe, mentre costoro non hanno dimostrato di avere assolto al loro obbligo di controllo in chiave collaborativa, rispetto al progetto educativo e scolastico dell’Istituto.

(Fattispecie nella quale una studentessa di scuola secondaria di secondo grado veniva bocciata per aver riportato le seguenti valutazioni: Storia e geografia 5, Scienze naturali 4, Matematica 4, Fisica 5, Lingua e Letteratura Latina 4, Disegno e Storia dell’Arte 4.)

 

E’ legittima la sanzione disciplinare nei confronti del dipendente che critica su Facebook l’Amministrazione – Consiglio di Stato – Sezione Seconda – Sentenza 23/02/2022 n° 1284

Massima:

Le pagine dei social network quale Facebook non possono essere considerate alla stregua di siti privati e non garantiscono la segretezza delle conversazioni.
E’ quindi legittima la sanzione disciplinare irrogata ad un dipendente per aver pubblicato sulla bacheca Facebook molteplici immagini inerenti al servizio svolto con opinioni e commenti negativi nei confronti dell’amministrazione.

(Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado . Da ultimo, la Cassazione ha confermato il licenziamento di un dipendente che aveva pubblica su Facebook un post offensivo nei confronti del datore di lavoro – cfr Corte di Cassazione – Lavoro – Sentenza 13/10/2021 n° 27939 ).

 

La sanzione disciplinare ex art. 55 quater D.Lgs. n. 165/2001 prevale sulla disciplina più favorevole contenuta nel CCNL – Corte di Cassazione – Sezione Sesta – Ordinanza 02/08/2022 n° 23908

Massima:

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2009, prevede, alla lett. b) la sanzione disciplinare del licenziamento in caso di “assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio….” e l’art. 55 definisce la disposizione in parola norma imperativa, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419 c.c..
Quindi, per gli addebiti riconducibili alle fattispecie tipizzate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater non può essere utilmente invocata la diversa e più favorevole disciplina contrattuale giacché, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2009, quest’ultima è stata sostituita di diritto, ai sensi degli artt. 1339 e 1419 c.c., dalla normativa di legge, che sulla stessa prevale D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 55, comma 1.
Ad ogni modo, in ragione del divieto di automatismi espulsivi di rilevanza costituzionale, il datore di lavoro, prima, ed il giudice, poi, non sono esonerati dall’esprimere il giudizio di proporzionalità che, però, a fronte della previsione legale della sanzione espulsiva, va condotto tenendo solo conto degli artt. 2119 e 2106 c.c. e apprezzando la condotta nei suoi aspetti oggettivi e soggettivi; in sostanza detto giudizio non può essere condotto apprezzando le disposizioni della contrattazione collettiva sostituite di diritto dalla previsione legale e possono assumere rilievo solo i criteri di carattere generale posti a fondamento della scala valoriale indicata dalle parti collettive.

(Nel caso di specie la Cassazione ha confermato la legittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per mesi sei irrogata ad una maestra comunale che non aveva ripreso servizio dopo la fruizione di un periodo di ferie ed aveva violato l’ordine di servizio con il quale il Dirigente aveva disposto che il personale operante negli asili nido dovesse occuparsi nel periodo 22 agosto/1 settembre dei lavori di pulizia e di riorganizzazione degli ambienti necessari per consentire la ripresa dell’attività prevista per il 4 settembre.
Per quanto concerne la responsabilità disciplinare del personale docente statale si ricorda che, ai sensi dell’art. 29 comma 3 del CCNL 2018, nelle more della sessione negoziale di cui al comma 1, rimane fermo quanto stabilito dal Capo IV Disciplina, Sezione I Sanzioni Disciplinari del d.lgs. n. 297 del 1994, con alcune modificazioni ed integrazioni all’articolo 498 comma 1 disposte dallo stesso art. 29).

 
Accesso ai nominativi individuali dei beneficiari del fondo d’Istituto da parte delle Organizzazioni sindacali: non ammissibile in base al nuovo CCNL – Consiglio di Stato – Sezione Settima – Sentenza 09/08/2022 n° 7064
 
Massima:
 
In materia di accesso agli atti da parte delle organizzazioni sindacali, la disciplina collettiva consente attualmente alle organizzazioni sindacali di ottenere informazioni di carattere aggregato ed organizzativo in ordine ai fondi di cui alla contrattazione integrativa, ma non consente più di ottenere dati e informazioni di carattere individualizzato (C.St., sent. 6098/2021 ).

Come esplicitato dal Garante della Privacy, con specifico riguardo al Comparto Scuola, il “quadro normativo vigente” non consente agli istituti scolastici di comunicare i nominativi dei docenti o di altro personale e le somme liquidate a ciascuno per lo svolgimento di attività finanziate con il Fondo di Istituto (cfr nota del Garante n. 49472 del 28 dicembre 2020 ).

La base giuridica su cui si fonda l’interesse all’accesso (art. 22 della l. n. 241/1990 ), così come specificata in termini diversi rispetto al passato dal C.C.N.L. del Comparto Scuola, non si estende fino ai dati nominativi, i quali, perciò, non devono essere forniti dall’Istituto scolastico.

 

Accesso agli atti: il nome del segnalante può essere reso accessibile solo quando risponde alla tutela del diritto di difesa del richiedente – T.A.R. LAZIO – ROMA – Sezione Seconda – Sentenza 21/07/2022 n° 10400

Massima:

In materia di accesso agli atti, l’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 dispone che “nell’ambito del procedimento disciplinare l’identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e
ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità. (…). La segnalazione è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, e successive modificazioni.

La ratio delle modifiche apportate al sistema di protezione del denunciante dal legislatore con la legge n. 179/2017 «è esclusivamente quella di tutelare il soggetto, legato da rapporto pubblicistico con l’amministrazione, che rappresenti fatti
antigiuridici appresi nell’esercizio del pubblico ufficio o servizio».

Stante la finalità dell’art. 54bis, occorre distinguere tre ipotesi: a) se la segnalazione abbia costituito mera occasione per lo svolgimento degli accertamenti disciplinari distinti ed ulteriori, l’identità del segnalante non può essere rivelata; b) se la contestazione è basata in tutto o in parte sulla stessa segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante non è indispensabile per la difesa dell’incolpato, l’identità del segnalante non può essere rivelata. c) se la contestazione è basata in tutto o in parte sulla stessa segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante è indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione è utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo con il consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.

In materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare;

La pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990.

(Nel caso di specie, un dirigente, dopo aver ricevuto una contestazione disciplinare seguita dal licenziamento, ha
presentato istanza di accesso agli atti per poter visionare la segnalazione che ha dato avvio al procedimento disciplinare.
La società ha negato l’accesso sulla base dell’art. 54 bis d.lgs. 165/2001. Il collegio ha ritenuto nel caso in esame l’identità del segnalante non indispensabile per la difesa dell’incolpato. Il
richiedente non ha inoltre motivato in modo rigoroso sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione che intende curare, operando un mero richiamo a generiche esigenze difensive, senza riuscire a dare
concretamente conto del perché il suo diritto di difesa sarebbe stato conculcato e reso più difficoltoso.

 

Legittimo il licenziamento irrogato al lavoratore che usa impropriamente i permessi sindacali anche per una sola giornata, venendo in rilievo non tanto la mera assenza quanto un vero e proprio abuso del diritto (Ordinanza n. 26198 del 06.09.2022)

Massima:

La Cassazione non ritiene di poter aderire alla censura mossa alla pronuncia di merito da parte del lavoratore, secondo cui la condotta ascrittagli non sarebbe passibile di licenziamento in quanto riconducibile all’ipotesi di assenza ingiustificata inferiore ai 5 giorni, punita dal CCNL con una sanzione conservativa.

Per la sentenza, infatti, la qualificazione della condotta del dipendente in termini di abuso del diritto appare coerente con l’accertamento della concreta vicenda, venendo in rilievo non la mera assenza dal lavoro, ma un comportamento del prestatore connotato da un quid pluris rappresentato dalla utilizzazione del permesso sindacale per finalità diverse da quelle istituzionali.

Secondo i Giudici di legittimità, questo esclude la riconducibilità della condotta alla norma collettiva che punisce con sanzione conservativa l’assenza dal lavoro, la mancata presentazione o l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento irrogatogli.